Dieci anni di osservazioni, analisi e scoperte sugli squali elefante in Mediterraneo riassunte in venti minuti: tanto è durata la relazione che abbiamo presentato ai ricercatori di squali provenienti da tutta Europa (e qualcuno anche più in là) durante il congresso 2014 della European Elasmobranch Association che si è tenuto a Leeuwarden, nei Paesi Bassi, dal 7 al 9 novembre.
Dopo tanti anni è stato importante presentare ai colleghi il quadro generale che sta emergendo dalla nostra ricerca: cioè che in Mediterraneo gli squaloni hanno due luoghi in particolare dove amano tornare – Sardegna e Puglia – e che li frequentano in inverno/inizio primavera. Che da noi troviamo animali molto grandi e anche piccolissimi – relativamente parlando: pariliamo sempre di animali di un paio di metri, che sono comunque fra i più piccoli avvistati al mondo. Che sono a rischio non solo di finire nelle reti (tante le catture, ma fortunatamente anche tanti i rilasci), ma anche di intossicarsi con la plastica che galleggia in mare. Ma è soprattutto la collaborazione con l’Università di Aberdeen ad aver svelato uno dei segreti più interessanti: sembra infatti (bisogna ancora finire di analizzare alcuni campioni e ragionare sui risultati) che i nostri squali elefante siano geneticamente diversi da quelli dell’Atlantico. Un risultato che, se sarà confermato dalle ulteriori analisi, è davvero importante: guardate cosa ha commentato su Twitter uno dei massimi esperti di squali al mondo!
L’Operazione Squalo Elefante è un progetto di MedSharks che dal 2005 monitora gli avvistamenti e catture di squali elefante in Italia. Dal 2012 si avvale della collaborazione del CTS con il supporto della Associazione Italiana della Fondazione Principe Alberto II di Monaco.