Questa signora si chiamava Rina Monti, ed è stata la prima professoressa universitaria che l’Italia abbia mai avuto. Nel 1910 venne a insegnare zoologia e anatomia comparata all’Università di Sassari – ateneo che tra l’altro sabato festeggerà i 450 anni di vita – e in quello stesso anno pubblicò le sue osservazioni sui mari sardi: compresa la cattura di tre squali elefante molto giovani.
Il mare non era esattamente la sua specialità – divenne famosa a livello internazionale per gli studi sui laghi alpini, dei quali sviluppò una visione globale “grazie alla sua ampia formazione mineralogica, zoologica, sistematica, comparativa, microbiologica, anatomica, fisiologica e chimica”. Sono righe tratte da una bella biografia di questa donna affascinante che potete leggere sul sito di Scienza a due Voci e che ci raccontano come “in un periodo in cui le infrastrutture turistiche erano ancora assai poco sviluppate e le attrezzature scientifiche specifiche poco sofisticate, Rina Monti non si fece scoraggiare né dall’immensità del compito né da pericoli o disagi. Si lanciò in imprese alpinistiche impegnative, per poi accamparsi sulle rive dei laghi alpini, percorrendo le acque con una barca smontabile, la Pavesia, appositamente ideata e costruita per lei, immergendo nelle acque strumenti di propria invenzione come il “Monti net tube” per estrarre campioni da analizzare in laboratorio.”
Ma torniamo ai nostri squali.
Nel 1910 la professoressa Monti, appena arrivata in Sardegna, si lanciò a osservare il suo nuovo ambiente percorrendo la costa in barca e a terra, dragando i fondali a remi e a vela e raccogliendo attinie, gamberi e meduse che incontrava. Descrisse le sue osservazioni sulla rivista scientifica Natura in un articolo intitolato “Esplorazioni talassografiche lungo le coste della Sardegna settentrionale”, in cui parla anche degli squali elefante: “A Porto Conte nelle reti destinate ai tonni vennero quest’anno catturati tre esemplari di Selache maxima, che molto raramente venne trovata nei nostri mari. Il primo esemplare da me osservato era lungo m. 2,60 con colore bruno tendente al bluastro dorsalmente e bianco ventralmente. Il secondo, pescato il 1 maggio, lungo m 3,30 con colore bruno dorsalmente e pelle ruvida; tutti e due sventrati dai pescatori prima di portarli al mercato. Un terzo esemplare di Selache fu catturato il 23 giugno: della lunghezza di m. 4,30 e del peso di 240 kg. L’enore squalo molto temuto dai pescatori, portato integro al mercato, venne da me acquistato per l’Istituto di Zoologia allo scopo di studiarne gli organi interni“.
Ringrazio Giampiero Dore (che ebbe la fortuna di incontrare e fotografare un cetorino una quindicina d’anni fa) per avermi segnalato e inviato una copia di questo lavoro.
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