(ANSA) – CAGLIARI, 17 FEB – L’Operazione Squalo Elefante, che si svolge nelle acque anche della Sardegna, è la prima ricerca “sul campo”, nel Mediterraneo, su questo grande squalo migratore. Iniziata dall’associazione MedSharks nel 2005 oggi è condotta assieme all’associazione ambientalista Cts impegnata nella salvaguardia della biodiversità marina con il supporto della Fondazione Principe Alberto II di Monaco e dell’Associazione Italiana della Fondazione Principe Alberto II di Monaco Onlus.
Nonostante siano iscritti nella lista rossa delle specie a rischio estinzione della Iucn gli squali elefante – è stato spiegato dagli ambientalisti – sono spesso vittime delle attività umane in mare, e mostrano tagli e cicatrici, testimonianza degli scontri con imbarcazioni, eliche o reti da pesca.
Fra il 2005 il 2010 sono stati 79 gli avvistamenti di squalo elefante in Sardegna, soprattutto in inverno e in primavera, a testimonianza che l’isola rappresenta una tappa nelle migrazioni annuali. La ricerca condotta da uno staff di esperti biologi e divulgatori si avvale della collaborazione dei Parco Arcipelago di La Maddalena e dell’Asinara e dell’Area marina protetta di Tavolara, della Capitaneria di Porto.
Fra gli obiettivi: il censimento attraverso la foto della pinna dorsale, la raccolta di dati con il Dna e il programma di marcatura (Tag&Release). E’ importante, infatti, capire se la popolazione di squali elefante del nord della Sardegna è del Mediterraneo o se ci siano scambi con l’Oceano Atlantico.
Le attività del progetto non sono finalizzate solo ad un’indagine scientifica ma sono orientate anche alla formazione dei pescatori, dei veterinari e del personale della Capitaneria di porto per far conoscere il rischio che corre la specie e le norme di protezione. Lo squalo elefante, infatti, è innocuo, si nutre di plancton ed è il secondo pesce più grande del mondo. Cresce lentamente e può vivere oltre 50 anni. (ANSA).
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